FraMenti d'Amore
Ascolto,
quando canti.
La musica è diversa,
adesso canto.
Ci provo,
tu hai smesso.
Il coro non c'è.
Ascolto.
L'eco ancora vicino
[Movimento per l'emancipazione della poesia]
Mare dentro, mare dentro, senza peso nel fondo, dove si avvera il sogno. Due volontà fanno vero un desiderio nell'incontro. Il mio sguardo, il tuo sguardo, come un'eco che ripete senza parole: più dentro, più dentro! Fino al di là del tutto, oltre il sangue e il midollo. Ma sempre mi sveglio e vorrei essere morto, per restare sempre preso, con la mia bocca, nella fitta trama dei tuoi capelli.
sabato 8 febbraio 2014
venerdì 7 febbraio 2014
domenica 2 febbraio 2014
FUGACITA' DELLA VITA UMANA: BIBBIA
"Anche per l'albero c'è una speranza: se tagliato potrà ancora germogliare e il suo virgulto non vien meno; se la radice invecchia nel terreno e il suo tronco perisce nel suolo, appena sente l'acqua rifiorisce e riproduce rami qual giovane pianta. Ma l'uomo muore e tutto finisce: spirato che sia, dov'è più? Possono venir meno le acque del mare, e il fiume può diventare arido e secco, ma l'uomo, se giace nella tomba, non si alza più. Si consumano i cieli ed egli non si desta, nè dal suo sonno più si risveglia."
Giobbe, 12,7-12
IL MALE IN LUCREZIO
Quod iam rerum ignorem primordia quae sint,
hoc tamen ex ispsis caeli rationibus ausim
confirmare aliisque ex rebus reddere multis,
nequaquam nobis divinitus esse paratam
naturam rerum: tanta stat praedita culpa.
Principio quantum caeli tegit impetus ingens,
inde avidam partem montes silvaeque ferarum
possedere, tenet rupes vastaeque paludes
et mare quod late terrarum distinet oras.
Inde duas porro prope partis fervidus ardor
assiduusque geli casus mortalibus aufert.
Quod superest arvi, tamen id natura sua vi
sentibus obtucat, ni vis humana resistat
vitai causa valido consueta bidenti
ingemere et terram pressis proscindere aratris.
Si non fecundas vertentes vomere glebas
terraique solum subigentes cimus et ortus,
sponte sua nequeant liquidas exsistere in auras;
et tamen interdum magno quaesita labore
cum iam per terras frondent atque omnia florent,
aut nimiis torret fervoribus aetherius sol
aut subiti premunt imbres gelidaeque pruinae,
flabraque ventorum violento turbine vexant.
Praeterea genus horriferum natura ferarum
humanae genti infestum terraque marique
cur alit atque auget? Cur anni tempora morbos
apportant? Quare mors immatura vagatur?
Tum porro puer, ut saevis proiectus ab undis
navita, nudus humi iacet, infans, indigus omni
vitali auxilio, cum primum in luminis oras
nixibus ex alvo matris natura profudit,
vagituque locum lugubri complet, ut aequumst
cui tantum in vita restet transire malorum.
At variae crescunt pecudes armenta feraeque
Ché, se pure ignorassi quali siano i primordi delle cose,
ciò, tuttavia, dallo stesso comportarsi del cielo oserei
asserire, e dimostrare in base a molti altri fatti,
che assolutamente non per noi divinamente fu apprestata
la natura del mondo: di cosí grande colpa è ricolma.
Prima di tutto: di quanto è coperto dall’ampia estensione del cielo
un’ingorda metà i monti e le selve abitate da fiere
ne trattengono, o la dominano rupi o paludi deserte
e il mare che a gran distanza separa le rive delle terre.
Inoltre, ancora circa due terzi il torrido caldo
e il cadere incessante del gelo strappa ai mortali.
E quanto resta di terra, tuttavia, Natura con la sua forza
ricoprirebbe di sterpi, se umana forza non s’opponesse,
avvezza, per regger la vita, a gemere sul forte bidente,
e a spezzare avanti a sé la terra con l’aratro schiacciato.
Se, rovesciando le zolle feconde con il vomere, e rivoltando
la superficie della terra non spingiamo i frutti alla nascita,
spontaneamente non potrebbero sbociare nelle limpide aure;
e pure, talvolta, ottenuti con grande fatica,
quando già sulla terra sono pieni i raccolti di fronde e di fiori,
o per onde eccessive di caldo li brucia il fulgido sole,
o piogge improvvise e gelide brine li annientano,
e soffi di vento, con turbinare violento, li scuotono.
Inoltre: la stirpe delle belve, che incute paura,
nemica al genere umano, per terra e per mare perché Natura
nutre e fa crescere? Perché le stagioni dell’anno apportano
morbi? Perché s’aggira Morte immatura?
continuando: il bimbo, come navigante gettato da onde
crudeli, nudo a terra giace, senza parola, bisognoso di ogni
aiuto per vivere, ora che appena alle spiagge di luce
con faticoso parto fuori dal ventre materno Natura ha gettato,
e di luttuoso vagito riempie il luogo, come è giusto per lui
cui tanti restano in vita mali da attraversare.
Ma vari crescono gli animali, gli armenti, le fiere,
né servono a loro sonagli da bimbi, né alcuno ha bisogno
di dolce e infantile parlare di buona nutrice,
né ricercano vestiti mutevoli secondo stagione del cielo:
e infine non d’armi abbisognano, non di alte mura,
con cui difendere le proprie cose, poiché per ognuno ogni cosa
largamente produce la terra stessa, e Natura, artefice delle cose.
Quod
hoc tamen ex ispsis caeli rationibus ausim
confirmare aliisque ex rebus reddere multis,
nequaquam nobis divinitus esse paratam
naturam rerum: tanta stat praedita culpa.
Principio quantum caeli tegit impetus ingens,
inde avidam partem montes silvaeque ferarum
possedere, tenet rupes vastaeque paludes
et mare quod late terrarum distinet oras.
Inde duas porro prope partis fervidus ardor
assiduusque geli casus mortalibus aufert.
Quod superest arvi, tamen id natura sua vi
sentibus obtucat, ni vis humana resistat
vitai causa valido consueta bidenti
ingemere et terram pressis proscindere aratris.
Si non fecundas vertentes vomere glebas
terraique solum subigentes cimus et ortus,
sponte sua nequeant liquidas exsistere in auras;
et tamen interdum magno quaesita labore
cum iam per terras frondent atque omnia florent,
aut nimiis torret fervoribus aetherius sol
aut subiti premunt imbres gelidaeque pruinae,
flabraque ventorum violento turbine vexant.
Praeterea genus horriferum natura ferarum
humanae genti infestum terraque marique
cur alit atque auget? Cur anni tempora morbos
apportant? Quare mors immatura vagatur?
Tum porro puer, ut saevis proiectus ab undis
navita, nudus humi iacet, infans, indigus omni
vitali auxilio, cum primum in luminis oras
nixibus ex alvo matris natura profudit,
vagituque locum lugubri complet, ut aequumst
cui tantum in vita restet transire malorum.
At variae crescunt pecudes armenta feraeque
nec crepitacillis opus est nec cuiquam adhibendast
alame nutricis blanda atque infracta loquella
nec varias quaerunt vestis pro tempore caeli,
denique non armis opus est, non moenibus altis,
qui sua tutentur, quando omnibus omnia large
tellus ipsa parit naturaque daedala rerum.
alame nutricis blanda atque infracta loquella
nec varias quaerunt vestis pro tempore caeli,
denique non armis opus est, non moenibus altis,
qui sua tutentur, quando omnibus omnia large
tellus ipsa parit naturaque daedala rerum.
Ché, se pure ignorassi quali siano i primordi delle cose,
ciò, tuttavia, dallo stesso comportarsi del cielo oserei
asserire, e dimostrare in base a molti altri fatti,
che assolutamente non per noi divinamente fu apprestata
la natura del mondo: di cosí grande colpa è ricolma.
Prima di tutto: di quanto è coperto dall’ampia estensione del cielo
un’ingorda metà i monti e le selve abitate da fiere
ne trattengono, o la dominano rupi o paludi deserte
e il mare che a gran distanza separa le rive delle terre.
Inoltre, ancora circa due terzi il torrido caldo
e il cadere incessante del gelo strappa ai mortali.
E quanto resta di terra, tuttavia, Natura con la sua forza
ricoprirebbe di sterpi, se umana forza non s’opponesse,
avvezza, per regger la vita, a gemere sul forte bidente,
e a spezzare avanti a sé la terra con l’aratro schiacciato.
Se, rovesciando le zolle feconde con il vomere, e rivoltando
la superficie della terra non spingiamo i frutti alla nascita,
spontaneamente non potrebbero sbociare nelle limpide aure;
e pure, talvolta, ottenuti con grande fatica,
quando già sulla terra sono pieni i raccolti di fronde e di fiori,
o per onde eccessive di caldo li brucia il fulgido sole,
o piogge improvvise e gelide brine li annientano,
e soffi di vento, con turbinare violento, li scuotono.
Inoltre: la stirpe delle belve, che incute paura,
nemica al genere umano, per terra e per mare perché Natura
nutre e fa crescere? Perché le stagioni dell’anno apportano
morbi? Perché s’aggira Morte immatura?
continuando: il bimbo, come navigante gettato da onde
crudeli, nudo a terra giace, senza parola, bisognoso di ogni
aiuto per vivere, ora che appena alle spiagge di luce
con faticoso parto fuori dal ventre materno Natura ha gettato,
e di luttuoso vagito riempie il luogo, come è giusto per lui
cui tanti restano in vita mali da attraversare.
Ma vari crescono gli animali, gli armenti, le fiere,
né servono a loro sonagli da bimbi, né alcuno ha bisogno
di dolce e infantile parlare di buona nutrice,
né ricercano vestiti mutevoli secondo stagione del cielo:
e infine non d’armi abbisognano, non di alte mura,
con cui difendere le proprie cose, poiché per ognuno ogni cosa
largamente produce la terra stessa, e Natura, artefice delle cose.
"When the New Yorker sent me to report on the trial of Eichmann, I assumed that the court of ... and only one it has to preface the demand of justice. This was not a simple task, because the court that Eichmann was confronted was a crime which could not find.... the criminal was like unknown in any court.... but still, the court had to define Eichamnn as man on trial for his ....there was no sistem on trial, no history, no "ism", not even entire... but only a person. This trouble thet he insisted on a renuncing personal qualities...contrary to the persecution ...nobody left... Had never done any sin....that he had no intentions, what so ever ... that he had only obeyed orders. This typical nazi plee makes it clear the the gratest evil in the ... is the evil committed by "nobodies", even committed by men... demonic
by human being who refuse to be persons and it is ... a nominal, that I have called the "banality of evil".
- Miss Arendt, you're avoiding the most important part of the controversy, you claimed the less jews ... die
You blamed the jewesh people for cooperate...
- ..leaders .who participated directly in Eichmann's activities
- ... You blamed jewish people for their own destruction.
- I never blamed that jewesh people, and ..possible, but perhaps there is something in between resistance and cooperation, and only in that sense to I say that, maybe... might
It is profundly important to ask this questions, because ... of the jewish leaders gives the most striking... totality of moral collapse...nazi ... in the respectable european society, and not only in Germany, but in almost... countries, ... and not only among the persecutors, but also among the victims.
[...]
Try to understand is not the same as forgiveness. I see it is my responsability to understand, it is responsability of anyone who ... this subject
Since Socrates and Plato the usually ... thinking to be engaged in that silent dialogue between me and myself. In refusing to be a person, Eichmann ... that single most defining human quality that is ... able to think...and consequently was no longer able....of making ... a judgement ... possibility for many ordinary man to committ even... never seen before .... I've considered this question in a philosophical way. The manifestation of the wind of ... is not knowledge, but ability to tell right from wrong, beautiful from ugly and I hope that thinking gives people the streght to prevent catastrophies in these real moments and the chips are ....
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